Pochi giorni fa abbiamo letto l’articolo: “Urban Village Navigli: 40 milioni per 120 appartamenti in cohousing”,  tratto dal Sole 24 Ore. Sempre più si parla in Italia di esperienze di cohousing e di housing sociale.

ll cohousing prende in considerazione gli abitanti e le loro esigenze e mette in loro funzione i servizi e gli spazi utili per la gestione della vita quotidiana, del lavoro flessibile e della socializzazione: ogni abitazione in cohousing è un piccolo laboratorio dell’abitare.

È una tipologia abitativa che prevede un complesso di abitazioni private che condividono spazi comuni tra i quali: lavanderia, cucine, sale giochi per i bambini, palestra.

Il co-housing nacque in Danimarca verso la fine degli anni sessanta e da allora vi è stata una progressiva diffusione.

Oggi si sta affermando come strategia di sostenibilità: da un lato la progettazione partecipata e la condivisione di spazi e risorse agevola la socializzazione tra gli individui, e dall’altro favorisce la costituzione di gruppi d’acquisto solidale, il car sharing o la localizzazione di diversi servizi, che consentono un buon risparmio energetico e diminuiscono l’impatto ambientale.

Qualche esempio di cohousing in Italia: Base Gaia a Milano, a Torino c’è cohousing Numero Zero, a Fidenza Cohousing Ecosol, a San Lazzaro cohousing Mura San Carlo.

Il punto fondamentale è l’energia che una comunità riesce a dedicare alla strutturazione dei momenti condivisi. Come punto di fragilità si evidenzia che spesso nella fase iniziale c’è un gruppo trainante che si occupa di organizzare le attività negli spazi comuni ma dopo un paio d’anni si assiste a una fase down che rischia di depotenziare il sistema. Le possibili buone pratiche da attivare sono: sin da subito di aprirsi al quartiere con cui condividere spazi e servizi; cercare e accettare un turnover fra gli abitanti trainanti in modo da valorizzare energie nuove e magari prevedere si dall’inizio figure professionali ad hoc come il gestore solidale o l’animatore sociale.

Il cohousing in sostanza è quello che parte dalla partecipazione fin dalle fasi di progettazione per arrivare alla gestione della vita domestica: quindi è preferibile partire da una scelta condivisa di abitare insieme e poi cercare e scegliere una soluzione (casa).

L’housing sociale è di solito un’iniziativa  pubblica, parte di un piano integrato per le politiche sociali e abitative. I soggetti che accedere a questa offerta abitativa vengono selezionati sulla base di criteri legati al reddito e/o alla fragilità sociale. L’housing sociale si avvicina per alcuni aspetti tipici al cohousing, come la collaborazione tra le persone e la presenza di spazi condivisi e servizi autogestiti ad integrazione dell’alloggio. Ma cohousing e housing sociale rimangono due realtà distinte.

Esperienze di housing sociale si sono sviluppte anche nella Regione Marche e nel Comune di  Ancona.

Proprio nel mese di ottobre si terrà un incontro sul tema del cohousing presso l’Informagiovani; per restare aggiornati potete iscrivervi alla nostra newsletter!

Cohousing e housing sociale
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